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E-COMMERCE ? TUTTI CONTRO.

"Non ci sono oggi le condizioni, né le premesse per una specifica Direttiva Ue sulla vendita on-line dei farmaci". Così ci dice Lisette Tiddens-Engwirda, segretario generale dei farmacisti europei.Oltre ai farmacisti sono contrari all'e-commerce delle medicine i medici, i grossisti e gran parte dei produttori. In ogni caso, si impone tanta cautela

L'azienda di biotecnologie che ha annunciato di essere vicina alla completa definizione del genoma umano ci ricordava con l'occasione che ogni ora muoiono 11 americani a causa degli effetti nocivi dei farmaci. Citava il dato per sottolineare l'urgenza e l'importanza di mettere a punto, prima possibile, farmaci più sicuri, attraverso le meravigliose scoperte della genetica. Sappiamo tuttavia che parecchi anni ancora dovranno trascorrere prima che si possano avere ricadute sui farmaci delle nuove acquisizioni scientifiche, e nel frattempo proprio l'"e-commerce" dei farmaci rischierà di dare un contributo sostanzioso all'aumento dei danni provocati dal loro cattivo uso.
La situazione è già all'attenzione delle autorità sanitarie degli Usa dove attualmente la libertà di pubblicizzare e televendere farmaci - sia SP, sia etici - ha ben pochi limiti. Anche in Europa sta aumentando la pressione per liberalizzare questo settore, sollevando molte, giustificate preoccupazioni.
Per analizzare meglio il quadro che si sta determinando in Europa a proposito di farmaci "on-line" e come si potrebbe regolamentare la materia per tutelare la salute pubblica, abbiamo intervistato Lisette Tiddens-Engwirda, Segretario generale del Pgeu (o Gpue), che rappresenta i farmacisti europei dal 1998.
Olandese, 49 anni, laureata in scienze politiche, la Tiddens è stata per diverso tempo "senior partner" di un'importante società di consulenza olandese che, per lungo tempo, ha contato fra i suoi clienti l'Associazione dei farmacisti del suo Paese. Vive e lavora a Bruxelles quando non è in giro per l'Europa a rappresentare i farmacisti europei in eventi di livello internazionale.

Lisette Tiddens, quali sono le direttive che attualmente regolano il settore dell"'e-commerce" dei farmaci in Europa?

In assenza di una normativa specifica, dobbiamo riferirci alle norme che regolano in generale il commercio dei farmaci a distanza, come le televendite e le vendite per corrispondenza: al momento della stesura delle Direttive, infatti, il commercio elettronico non esisteva ancora. Ma naturalmente le Direttive che sono in vigore in materia valgono
anche per la vendita "on?line" dei farmaci. Esse sono tre:

- la 97/7 sulle vendite a distanza,

- la 97/36 sul "teleshopping",

- la 92/28 che riguarda la pubblicità sui medicinali.

Senza entrare nel dettaglio delle singole direttive comunitarie, la clausola minimale della 97/7, art. 14, lascia agli Stati membri la possibilità di vietare la vendita a distanza di tutti i medicinali al fine di proteggere la salute pubblica. La maggioranza degli Stati membri, Italia compresa e con le sole eccezioni di Olanda e Regno Unito (ma in quest'ultimo Paese è in corso un acceso dibattito sull'argomento), hanno recepito il divieto nelle rispettive legislazioni nazionali.

Cosa dispongono le altre due Direttive?

Quella sul "teleshopping" proibisce la vendita per televisione dei medicinali, mentre la Direttiva sulla pubblicità vieta in tutti i Paesi dell'Unione la pubblicità al pubblico per i farmaci soggetti a prescrizione. Siccome, in pratica, il commercio elettronico di farmaci non può nascere né prosperare senza pubblicità, i farmaci etici sono già esclusi da ogni possibilità di essere commercializzati attraverso Internet. Diverso è il caso dei farmaci senza obbligo di prescrizione (SP): è chiaro che nei Paesi in cui è stata recepita come divieto nelle leggi nazionali la clausola minimale della Direttiva 97/7, anche il commercio elettronico di farmaci SP è inattuabile, dal punto di vista normativo; mentre negli altri è possibile.

Per fortuna, ma in questo caso bisognerebbe forse dire purtroppo, Internet non conosce confini nazionali o continentali...

Il vero problema infatti è proprio questo: la realtà di un regime completamente diverso nel più grande Paese occidentale, cioè negli Usa, dove è consentita sia la vendita a distanza sia la pubblicità ai cittadini tutti, e non soltanto dei farmaci SP ma anche di quelli etici. In questa situazione è chiaro che la dimensione globale di Internet rende impossibile esercitare un vero controllo, rendendo di fatto possibile l'acquisto di un farmaco via Internet in Europa, seppure contravvenendo alle leggi della maggior parte dei Paesi.

A livello di Commissione europea chi si sta occupando del problema? Esiste un organismo apposito e se sì, com'è composto?

Le Direzioni generali (equivalenti ai ministeri nazionali, ndr.) che si occupano del problema nell'ambito della Commissione sono tre: la Dg Imprese/Settore farmaci, la Dg Salute Pubblica e protezione dei Consumatori e la Dg Mercato unico. Attualmente la più interessata alla regolazione del fenomeno fra le tre direzioni è certamente la prima, che è competente per la politica delle imprese dell'area farmaceutica. Orbene, all'interno di questa Direzione generale si è costituito un organo, il Comitato farmaceutico", che riunisce i rappresentanti di ciascun Paese nel campo della politica farmaceutica (per l'Italia è il dottor Nello Martini). Nella sua penultima riunione del settembre scorso il Comitato ha deciso di formare due Gruppi di lavoro che si occuperanno di studiare l'attuale situazione e fare proposte: il primo nel settore della pubblicità dei farmaci e il secondo in quello della loro distribuzione, con particolare riferimento al commercio "on line".

Chi fa parte dei due nuovi gruppi di lavoro?

Riuniscono rappresentanti degli Stati membri e della Commissione, parlamentari europei, esponenti del Comitato economico e sociale, nonché le parti interessate (farmacisti, medici, grossisti, industria e consumatori). La prima riunione congiunta dei due gruppi si è tenuta pochi giorni fa a Bruxelles, dove la situazione è apparsa abbastanza complessa, anche perché è stata subito evidente una forte, anche se confusa, pressione per cambiare la Direttiva sulla pubblicità nella direzione di omologarla al modello americano. La discussione, tuttavia, è appena incominciata e certamente occorrerà tempo per arrivare a elaborare una strategia comune. Poiché una svolta come quella voluta dalle Associazioni dell'industria (sia pure con sfumature diverse da nazione a nazione), comunque sia, aprirebbe uno scenario completamente diverso dall'attuale e imporrebbe controlli rigidi e severi, la Commissione (Dg Impresa) che presiede i Gruppi di lavoro ha distribuito un questionario ai partecipanti alla riunione per raccogliere i vari pareri, identificare le priorità e stabilire il modo di procedere nell'approfondimento. Quando saranno disponibili i risultati dell'indagine interna verranno decisi i passi successivi da fare.

Può dirci qualcosa di più su questo punto?

Le pressioni per cambiare nel senso di "allentare" la Direttiva sulla pubblicità viene dalle industrie di settore. Tuttavia le loro Associazioni, almeno fino a ora, hanno espresso scetticismo riguardo il commercio elettronico dei farmaci diretto al consumatore, a causa anche dell'alto rischio di contraffazione al quale le case farmaceutiche sono esposte.
L'esempio più eclatante di questo pericolo è stato offerto dal Viagra: ormai sono più d'una le pillole blu offerte al pubblico, ma non provenienti dalla produzione Pfizer.

Qual è la posizione dei medici sull'argomento?

Posso dire con certezza che la posizione dei medici europei è perfettamente in linea con la nostra. Vi è quindi fra i medici, come fra i farmacisti, una forte preoccupazione e una chiara opposizione al commercio elettronico dei farmaci. Le dirò di più: il Comitato permanente (CP) che rappresenta la professione medica in Europa ha sottoscritto la pubblicazione di una brochure informativa (che pubblichiamo qui, ndr.) diretta ai pazienti-consumatori per metterli in guardia sui pericoli ai quali si va incontro acquistando farmaci su Internet. La pubblicazione è stata ideata dal Pgeu ed è disponibile, oltre che al nostro segretariato (www.pgeu.org), presso tutte le Associazioni di farmacisti e di medici degli Stati membri.In diversi Paesi si è già provveduto a tradurla nelle lingue nazionali e a distribuirla attraverso le farmacie e gli studi medici.

E i distributori intermedi come si situano, a livello europeo, rispetto a questi problemi?

Anche i grossisti, rappresentati in Europa dal Girp, sono decisamente contrari al commercio elettronico diretto al consumatore ("business to consumer", come si dice nel gergo di Internet). Ma è importante precisare che né noi farmacisti, né i grossisti si oppongono al commercio elettronico all'interno della filiera distributiva del farmaco (cioè "business to business"), dato che in questo contesto le garanzie necessarie a una corretta gestione dei farmaci possono essere mantenute senza problemi e facilmente monitorate. La qualcosa, invece, non è possibile nella vendita diretta ai consumatori-pazienti.

Qual è il punto di vista delle Associazioni dei consumatori?

"Last but not least'' la posizione dei consumatori, certamente non meno importante di quella degli altri protagonisti. Purtroppo abbiamo dovuto registrare con dispiacere, e anche una certa sorpresa, che non è emersa finora una grande sensibilità al problema da parte di queste Associazioni, solitamente molto attive quando è in gioco la salute dei consumatori. Un atteggiamento inaspettato che, oltretutto, al momento non sembra lasciar sperare in un'inversione di tendenza, nonostante le nostre campagne e in genere la nostre iniziative abbiano sempre mirato a coinvolgere i diretti interessati. Ma non smetteremo, ciononostante, di lavorare anche in quella direzione.

Cosa sta bollendo nella pentola europea sugli aspetti legali dell"e-commerce"?

Una nuova Direttiva è attualmente in discussione al parlamento europeo in seconda lettura, e la sua approvazione è prevista per l'estate. Tale Direttiva non cambia la situazione esistente riguardo il settore del farmaco, per cui le regole in vigore non verranno modificate (nel testo è detto espressamente che i farmaci sono esclusi dai cambiamenti previsti dalla nuova proposta). Tuttavia esprime una chiara volontà delle istituzioni europee di regolamentare il fenomeno e aumentare le garanzie per il consumatore che si rivolge alla rete per i suoi acquisti. Il Pgeu non si oppone, perciò, a queste modifiche, anzi riteniamo sia necessario mantenere quelle garanzie che il sistema attuale fornisce, specie nei settori, come quello del farmaco, dove il rischio non riguarda soltanto il danno economico, ma coinvolge anche la salute pubblica.

Quali previsioni si possono fare sugli sviluppi di una normativa europea sul farmaco "on-line"?

Una previsione facile da fare è che la spinta a cambiare la Direttiva sulla pubblicità, seguendo la linea del modello americano e consentendo perciò la pubblicità al pubblico dei farmaci che richiedono ricetta medica, non sarà facile da contrastare. Noi la consideriamo in ogni caso un'intenzione pericolosa, contro la quale ci batteremo con tutti i mezzi a nostra disposizione. Per quanto concerne invece specifiche direttive sull'e-commerce dei farmaci non mi pare ci siano oggi le condizioni né le premesse per un simile progetto. Le regole ci sono e dovranno essere adattate, ma, a meno che i Gruppi di lavoro di cui abbiamo parlato giungano a conclusioni eclatanti, non penso che una Direttiva per regolare specificamente il farmaco "on-line" possa essere presa in esame, sicuramente non nel prossimo futuro.

Renzo Armani

(articolo tratto da "FARMA MESE" n°4, Aprile 2000)

 



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